E venne il tempo della Grande Astensione: le elezioni in Sicilia, feudo da sempre di una politica vicina, parallela, funzionale o addirittura interna a Cosa Nostra, ci hanno detto soprattutto questo. Il dato è quello di oltre metà degli aventi diritto al voto che rinunciano senza troppi rimpianti a questo diritto, conquistato spesso a prezzo della vita di molti per un'idea di democrazia e di suffragio universale. Adesso evidentemente nella vita della maggioranza degli elettori siciliani l'espressione di un voto non coincide né con i loro valori, né con i loro interessi, né con un'idea purchessia di una democrazia ormai profondamente tradita.
Non è colpa o non è colpa principale degli elettori, se la politica in Sicilia (ma il segno forte che viene dall'isola riguarda prevedibilmente tutto il Paese) è ridotta a questo. E' il solito discorso fatto anche qui tante volte, che quindi vi risparmio. Ma l'astensione, la fuga dal voto e da una democrazia slabbrata, svuotata, svenuta e ormai remota dai suoi valori fondanti, ci dice che sta trionfando una sorta di principio di realtà, a lungo tenuto dalle circostanze sotto vuoto spinto fino a far pensare a “lorsignori”, caste, castone e castine, che questa realtà non esistesse davvero, sostituita dalla realtà mediatica specialmente televisiva.
Invece la saturazione che si coglieva e si coglie in tutt'Italia e che il web restituisce pienamente (le soluzioni sono un altro discorso…) è esplosa fragorosamente dalle urne siciliane. O non si va a votare, o si vota comunque il nuovo, il n
on (ancora?) compromesso, il “corpo siculo di Grillo”, il Movimento 5 Stelle
All'interno della politica tradizionale, la polverizzazione del centrodestra ha prodotto gli effetti immaginabili, anche se ogni immaginazione nel Paese dei Berlusconi sembra destinata a farsi superare dalla realtà. Il centrosinistra, di un Pd che fino all'altro ieri appoggiava un Lombardo e che nel voto di maggio a Palermo combatteva un Orlando, avendo trovato un minimo di faccia o faccetta in Crocetta “prende” il governatore ma non i voti del partito più rappresentato, scoperchiando anche vincendo il barattolone della politica politicante. E rotolante. E dunque motivi di allegria emotiva non pare ce ne siano, o non ce ne dovrebbero essere.
Invece, ed è il senso di questo articolo, razionalmente almeno c'è da tenere conto che esiste una logica nelle cose, anche politiche, anche elettoralistiche. Riguardando i miei ultimi pezzi sull'argomento, questi risultati non possono meravigliare. Il Truman Show del Paese è finito, adesso ci si misura a mani nude con una crisi profonda che però è almeno diagnosticata dai votanti anche solo per rigetto. C'è molto da lavorare, ma insomma, meglio il principio di realtà che il principio della fine.
(Oliviero Beha)